domenica 5 febbraio 2017

Toghe Rosso Sangue di Paride Leporace

Un giornalista di frontiera così Gian Lorenzo Franzì presenta agli alunni e alla Dirigente nella sala convegni dell'Istituto Tecnico Valentino De Fazio di Lamezia Terme Paride Leporace. Un giornalista di grande sensibilità difficilmente in uno schema, in un ruolo. 
Un anarchico in senso positivo, un amante della libertà, Paride Leporace che inizia e termina  il suo intervento con l'esortazione "Ricordare è resistere" 
Suo compito fu allora nel 2008 indagare sulla memoria dei giudici uccisi e di cui si era perso il ricordo, in una Italia che, stante ai numeri, non era un paese normale, anzi sembrava quasi un paese sudamericano. Numeri di guerra civile attraversarono gli anni di cui si occupa nel libro Paride Leporace, numeri da brividi. 
Indagare la memoria dunque per essere saggi, per capire gli sbagli, per imparare e conoscere.  Riflessione necessaria, puntualizzò la Dirigente, in una scuola poliedrica che deve inseguire le potenzialità degli alunni.
Nel mio pezzo e nel parlare di Paride trovo quella consonanza di significati che vanno dal messaggio, fatto proprio lunedì sera a Paride, del figlio del giudice scomparso Paolo Adinolfi al mio inconsapevole cucire il filo del discorso proprio sulla figura di un giudice scomparso per sempre ad un uomo che ora testimonia quel sacrificio. 
Nei venti anni della nascita di Città del Sole, la casa editrice che lo ha ristampato, ci piace pensare che un libro vive perché ha un senso e che questo libro sarà portato sulle scene di tanti teatri italiani per resistere ricordando.
  

Da Città del Sole Edizione "Pubblicato per la prima volta nel 20 dalla Newton Compton,  il libro esce in una nuova edizione rivista e ampliata alla luce delle nuove risultanze investigative con la casa editrice Città del Sole. Tra il 1969 e il 1994 sono stati ventisette, di cui uno  scomparso, gli uomini di giustizia che hanno perso la vita perché hanno scelto di fare bene il loro dovere"
Nel maggio del 2011, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano decideva per la Quarta giornata della memoria fissata nel giorno della morte di Aldo Moro, di omaggiare tutti i magistrati con un opuscolo "Nel loro segno" contenente ampi passi di questo libro. 
Un libro che dovrebbe essere studiato come testo scolastico e che oggi vorrei presentare unendo  il primo ed ultimo episodio.
Voglio ricordare uno stesso episodio che fa da collante al libro.
Nel pomeriggio di settembre del 1970 il giornalista Mauro De Mauro va a parlare col procuratore Scaglione per dare delle rivelazioni importanti. Tornato al giornale "L'Ora" di Palermo, il giornalista disse al collega di sentirsi sollevato. Sparirà dopo pochi giorni. Il 5 maggio del 71 verrà ucciso il procuratore Scaglione portando con sé il segreto di cosa De Mauro gli abbia raccontato.
 Inizia e termina nello stesso modo il libro.
Paolo Adinolfi magistrato chiamato a gestire un fallimento a Roma, rivela anche lui di essere in possesso di documenti che avrebbero fatto crollare il Tribunale di Roma e presenta denuncia di irregolarità alla Procura Della Repubblica.
Sparirà e quel che ci resta di questa lettura civile e sofferta è quello straniamento che prende nel vedere di quante nebbie sono avvolte i Palazzi della Giustizia e di quanto lavoro abbiano fatto alcuni giudici per diradarle ed altri giudici per crearle.
Giudici che indagano e condannano e giudici che assolvono e tolgono condanne, (famoso il giudice Carnevale, della suprema Corte di Cassazione), rendendo vano il lavoro precedente.
Una tela di Penelope in cui persero la vita coloro che, trovandosi nella situazione di decidere, non volsero la testa, ma applicarono le leggi. Non sono eroi i giudici morti, sono vittime, prima che della violenza, dell'isolamento in cui dovranno lavorare.
C'è un altro grande tema che attraversa tutto il libro ed è quello della fiducia, fiducia che permette lo svelamento della verità, fiducia riposta da alcuni giudici nelle istituzioni, fiducia riposta da alcuni cittadini nei giudici, fiducia che Rita Atria riponeva in Borsellino e vede saltare in aria quel giorno di luglio de 1992 e anche lei si suicida oppure la suicidano buttandola da un balcone. Ed anche Borsellino gli ultimi giorni della sua vita dirà" Qualcuno mi ha tradito"
Storie di sangue e di veleni, storie che ci consegnano una Italia sempre più triste e senza fiducia, eppure nonostante questa grande tristezza il sangue di questi giudici sembra chiedere sempre quella verità che ci renderà liberi, in uno Stato che abbia a cuore la moralità e la politica strumento di utilità sociale. 
Una conoscenza importante quindi di come siano esistiti tra noi uomini di cui essere fieri, che non ebbero una vita facile all'interno del loro stesso luogo lavorativo, che furono anche osteggiati e che però continuarono a perseguire i loro obiettivi anche ben consci dei pericoli che correvano.    
"Tieni un diario", consigliava Rocco Chinnici a Falcone e teneva una agenda scomparsa il giudice Borsellino ed ognuno di noi dovrebbe tenere un diario dove annotare ciò che potrà essere importante come difesa. Nella grande confusione che sono i confini non netti fra illegalità e legalità, fra collusione di politica, voti e mafia, guardiamo a questi esempi di giudici in silenzio quasi religioso onorando una memoria che ci appartiene.  
Ippolita Luzzo 

Paride Leporace Presidente della Lucana Film Commission. Ha fondato «il Quotidiano della Calabria» e «Calabria Ora».  Ha dedicato numerosi reportage a eclatanti casi di cronaca nera italiana.

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