mercoledì 22 marzo 2017

Dal MAON la mostra di Nadar

Nascita della fotografia.
Nadar al Maon di Rende 
Un saggio di Bonnefoy del 2014 così conclude: “Nelle sue fotografie, Nadar aveva perfettamente ragione di ricercare, di rispettare gli sguardi. Essi bastavano a rievocare il possibile che rimane vivo in una realtà che sembra morta. Bastavano a preservare l’invenzione del fotografico dalle sue deleterie virtualità. Non era più il fuori spettrale, il nulla, a fare il suo ingresso nel ballo mascherato [riferimento a Poe], ma l’aria fresca del mattino, quando si spengono le luci.” 
Mi trovo a Rende al Maon per puro caso, come tutto ciò che mi accade. Sono accompagnata da una editrice di Palermo e da un fotografo che usa dissolvere l’immagine. Suoi lavori nella rassegna fotografica intitolata “La coda dell’occhio” tempo fa presentati a Reggio Calabria. 
I suoi sono scatti diretti, senza elaborazione grafica di ciò che, nello spazio fotografico, giace tra la soglia del secondo piano e l’infinito. Immagini che sono espressione dell’assenza, dell’alienazione dalla realtà materiale percepita nel vissuto.
L’autore di questi scatti, Daniele Rizzuti, con entusiasmo mi propone il Maon, la visita al museo dove si terrà l’inaugurazione della prima mostra di Nadar, uno dei padri della fotografia, ad essere realizzata nel centro-sud d'Italia, con una sessantina di opere originali, cartes de cabinet e cartes de visite, del secondo Ottocento e dei primi del Novecento. Un evento atteso  da lui e dagli appassionati di fotografia e che rimarrà al Maon di Rende fino al 10 giugno 2017.  
Tonino Sicoli e Marcello Walter Bruno, i curatori,  ci parlano di Felix Nadar, il Tiziano della Fotografia, che  nel 1858 solcò con una mongolfiera i cieli di Parigi, e in questo modo poté sperimentare le potenzialità della fotografia aerea. Un odierno drone. Un uomo curioso e intuitivo del nuovo che nasce. Nel suo studio avvenne la prima mostra collettiva dei pittori impressionisti, organizzata il 15 aprile 1874 da alcuni artisti allora sconosciuti, come Claude Monet, Edgar Degas, Pierre-Auguste Renoir. Un anticipatore.
Lui stesso giocando col suo nome di famiglia Tournadar  (Tourne à dard) usò questo come pseudonimo, vedendosi come un dardo che punge. 
Nasce con lui la fotografia, il realismo del soggetto,  e i suoi personaggi qui ora stanno con noi, mescolati agli ospiti della serata che continuano a scattare istanti per imprigionare l’antico e il nuovo nel gioco eterno dell’esserci. 
Ci siamo.
Incontro Gianluca Covelli, critico d’arte, impegnato ora in una mostra sul futurismo, Orazio Garofalo video maker fra i più interessanti video-artisti del Meridione e che sono sicura farà video nel regno immaginario della Litweb, almeno spero, e insieme guardiamo e guardiamo… da allora ad oggi alla follia del quotidiano fotografare, fotografarsi, bimbi,  costumi,  mare, cielo, alla follia del condividere immagini già fatte, rifatte, corrette e abbellite, alla follia del rubare immagini di codazzi festanti, di opere d’arte altrui, di occhio che scatta.
Ne usciremo mai?
Le camere sono oscure, chiare, le camere delimitano, scelgono, profondità o superficialità, immagine nitida o sfocata, movimentata o immobile, tutte le camere della nostra percezione, poi ci fanno credere quello che ci appare vero, ad un occhio, che abbia o no, la sua coda, il suo foro, stretto o un obiettivo con zoom.
Ci sono cose e persone, qui, in questa fotografia, che non si vedono, ma che, tuttavia sono presenti, scriveva Cipparrone, ed io infatti percepivo quel che era presente eppure non fotografabile.
 Il tempo, i rapporti, le sensazioni, la stima e la gioia di voler stare su quella mongolfiera.

Da Barthes « La società si adopera per far rinsavire la Fotografia, per temperare la follia che minaccia di esplodere in faccia a chi la guarda »
Scrissi una volta “Solo una nuvola resterà del movimento, e le nuvole vagano, e noi guardiamo gli oggetti fermi e capaci ancora di essere usati di essere testimoni di un mondo che esiste nella rappresentazione di un interiore che un solo foro ha, quello della pazienza di saper aspettare.”
Un plauso alla mostra che resterà nei nostri momenti indelebili. 
Ippolita Luzzo 

1 commento:

Ogar ha detto...

Meravigliosa scrittura la Tua, rassomiglia all'immagine in movimento quando si muove bene...