lunedì 21 settembre 2015

L'Attesa di Piero Messina- a Giuseppe

"Il mio augurio non è di trovare te stesso, ma di trovare tanti altri come te. Perché senza il confronto con chi è animato dallo stesso fuoco che brucia dentro di te non potrai mai crescere"

GIUSEPPE PETITTO (1969-2015)


Giuseppe Petitto, regista, va via in una notte di settembre 2015.

Era nato l'11 Luglio 1969 a Stalettì. Uscirà a giorni Occhi chiusi,

sua ultimo lavoro cinematografico. Che lui non vedrà.


Dove sei Giuseppe? Per tutto il film, L’Attesa di Piero Messina, la domanda va, esce dal cellulare di Giuseppe stesso, come un testimone  lasciato da lui a dire agli altri dove si trovi.
Il protagonista è il cellulare tenuto in carica dalla madre, il cellulare che grida e chiede dove sei? Dove sei?
Lo chiedono la madre, la ragazza, lo chiedono gli affetti che guardano alla scomparsa increduli.
Liberamente trattato dalla novella di Pirandello “ La vita che ti diedi” leggo su Wikipedia, racconta l’attesa di una vita per dover dire no. Come la leggenda di Olaf
« -Quando era lontano io dicevo: «Se in questo momento mi pensa, io sono viva per lui».- E questo mi sosteneva, mi confortava nella mia solitudine. - Come debbo dire io ora? Debbo dire che io, io, non sono più viva per lui, poiché egli non mi può più pensare! - E voi invece volete dire che egli non è più vivo per me. Ma sì che egli è vivo per me, vivo di tutta la vita che io gli ho sempre data: la mia, la mia; non la sua che io non so! »
(Luigi Pirandello, La vita che ti diedi)
Cosa perdiamo quando perdiamo i nostri cari, sia che siano morti oppure  in vita, sia che siano altrove. Persi. Per sempre. Li ricostruiamo a modo nostro, li facciamo vivere donando ancora a loro quel che vorremmo avergli dato, quel che vorremmo che loro fossero.
Un film che occupa il nostro posto dal primo momento, dal marmo delle gambe accavallate dal chiodo, nella statua del Crocifisso,  al filo di ragnatela che pende sotto la poltrona del salotto, nella preparazione del lutto. I drappi neri sugli specchi con il chiodo battuto nel muro.
Il lettino rosa gonfiabile che vola nella corte del palazzo, gli oggetti nella colonna sonora bianca. La strada mobile, e poi arriva lei, arriva da Parigi, una rosa, la rosa di Renard. Una ragazza 

alla quale dire 

Il film finisce, lei tornerà a Parigi, riamerà, com'è giusto che sia, perché la vita lo vuole, perché ogni amore è vivo nell'espansione del tempo. Vive nell'acqua e nell'aria, ora Giuseppe, vive nei suoi film, nel mondo invisibile vivono tutti, le parole e le immagini che contano per tanti. Non tutti ma tanti sentono e sentono suonare fra gli alberi e i clacson la melodia di un'arte pura.
A chi rinasce ogni giorno l'attesa non pesa. 

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