mercoledì 22 luglio 2015

Il passeur che passerà- Michele Lupo- Io sono la Montagna


Il monologo interiore di Io sono la Montagna
E gli uomini vollero piuttosto la tenebre che la luce.
Giovanni, III, 19

"Una esagerazione" scrive in prima pagina Michele Lupo "Ci sono cose che ti restano addosso per sempre"
Io sono la Montagna. Tutto passa, tanto tutto passa, tranne  la paura.
La conseguenza del passare, come passa quando passa la rovina.
Raccontato con la velocità di un parlarsi fra sé e cercare, nello stesso tempo, di cavarsela, in una lettera al mondo che a lui non rispose mai, il protagonista nel libro  di Michele sembra quasi ravveduto. 
Imprigionato in schemi che non gli appartengono e quindi sorpreso che, benché lui abbia fatto tutto per benino,  poi gli sia successo incubo, uno dietro l’altro.
Con una scrittura sempre all'altezza della situazione, mai rallentata, sempre sul ritmo della storia, Lupo ha descritto l’abisso del carcere, l’abiezione che io conosco per aver letto  ultimamente “Fuga dall'assassino dei sogni” di Alfredo Cosco, scritto con Alfredo Musumeci, ergastolano ostativo. 
Un inferno raccontato dalle sbarre.
La galera è una macchina per esperimenti- dice il personaggio, scrivendo una lunga a lettera a Vera, ritmando ogni episodio della sua vita  con una battuta musicale, di batteria.
Incubo poi è la vita in famiglia, le incomprensioni, le vessazioni, la sessualità rapace e subita, la mancanza  di dialogo al quale unico scampo resta  la fuga.
La fuga, incubo suo e di tanti derelitti che fuggono, scappando da luoghi in guerra e stuprati, luoghi svenduti e massacrati, luoghi che non esistono più.
Fuggono in tanti, fuggono nel cassone del camion del protagonista, un container, chiuso ermeticamente alla partenza e riaperto in Germania, forse riaperto, e dal container scende giù la disperazione di voler  ancora  tentare una vita dignitosa. Di farcela ancora.
Come si augura il protagonista, dopo aver passato l’inferno del carcere, con soprusi e percosse, atti di sodomia subiti ed essersi rifiutato di far subire. Come si augura ciascuno, di passare indenne ai fuochi incrociati della violenza e della nequizia.
Oggi ho letto il tuo “Io sono una montagna”, Michele Lupo,  lettera ad un modo di vivere che a noi non piace, non solo negli aspetti più terribili del carcere e della trasmigranza forzata  ma anche nella abiezione del quotidiano dei rapporti familiari, fra sconosciuti, conviventi
Un racconto che farei stampare e lasciare che sia letto negli stessi luoghi che ripercorre il protagonista, sottoposto alle perdite di Giobbe, sottoposto alla perdita che attanaglia tutti,  di una vita dignitosa a cui aspirano: Il perdono.


Felice di avere un buon scrittore nel regno della Litweb, il regno che non esiste e dove mi sono rifugiata in fuga dal mondo. Addio Mondo crudele.

Riprendo questo testo oggi, 27 Agosto, nel leggere  la cronaca  aprire il portellone di altro Tir in Austria, più di settanta i profughi siriani, morti, probabilmente per soffocamento. Una cella frigorifero per l'Europa. Abbandonati dall'autista che è stato arrestato. Emergenza profughi nei Balcani. Tristemente con Io sono la Montagna, la denuncia letteraria e profetica di Michele Lupo

Nessun commento: