domenica 26 luglio 2015

A Sud con Pasqualino Bongiovanni

A sud delle cose- Pasqualino Bongiovanni
Arrivi alle cose in base alle intuizioni che hai- Al sur de las cosas
Noi parleremo di intuizione, attitudine naturale a conoscere l’intima essenza delle cose, prima di ogni processo logico e razionale. Particolare forma di conoscenza della realtà non evidente. Come conosciamo quando conosciamo, nei gradi della conoscenza l’intuito viene subito prima di analisi e ragionamento.
Lo sentiamo, lo percepiamo il pericolo, per intuito arriviamo alle cose.
Sveliamo le cose prima nascoste e nel momento di porgere quello che abbiamo intravisto, che ci è palese,  ognuno trova un modo. Pasqualino Bongiovanni ha trovato il verso, la poesia per svelare il dettaglio.
Una poesia attenta, e nello stesso tempo semplice, non  che porti in balia di emozioni il lettore, ma lo guidi nella scena, nel momento  che lui ha visto. Con disciplina e metodo.
Metodo: procedimento attuato per dare misura, e non seguire ogni impulso. 
La differenza fra tanta poesia emozionale, da emozione, movimento che smuove sentimenti di pancia, direi, e poesia di intuizioni, che svela, la differenza è fra poesia vera e poesia non vera, fra falso e vero.
La poesia di Bongiovanni è vera in ogni verso che lui ci dona. Una realtà che è esistita e che esiste, un mondo interiore ed esteriore che ci appartiene e che amiamo, davanti a noi, svelato. Poesia del contadino. Morte di un contadino. Sudati anni,/ sputi nelle mani,/ giacche assolate/ stanche,/ saluti/ con cappelli/ di polverosa umiltà./ Oggi/ rasato dal barbiere/in un bellissimo/ abito/nuovo. Lamezia terme 20 marzo 1966
Oggi Pasqualino mi confida “Sai, Rigoni Stern mi diceva che "scrivere è come scolpire, bisogna cavare via", cioè bisogna togliere, come chi scolpisce toglie materiale dal blocco di marmo per giungere alla forma desiderata e tra le altre cose, nella mia poesia ho cercato di imparare a fare questo
Per  Calvino, nelle sue Lezioni americane, "togliere" è funzionale al raggiungimento della leggerezza, non   superficialità, ma capacità di vedere le cose dall'alto ("la nuvola, e il falco alto levato" scrive Montale in una sua poesia)" 
Per Pasqualino  "togliere" significa conferire maggior peso e densità (e drammaticità!) alle "cose", anche a quelle "cose" piccole e quotidiane che abbiamo sempre distrattamente davanti agli occhi.”
La sua poesia è  intuizione che svela i dettagli,  e diventa  dominio interiore nel dire con Armonia, musicalità. Lui che musicista è sa  che la musica come la poesia  matematica è,  come l'armonia dell’universo, nelle cellule, nel verso, l’armonia che ci regola, nel nostro corpo.
Per Sentir suonare la melodia del nostro passaggio sulla terra ognuno sceglie un suo loggione. Come a teatro. Lui ha scelto A sud delle cose.
«Penso che ogni cosa abbia un suo sud – spiegava lui  nel 2006 in occasione della pubblicazione di "A sud delle cose" – una prospettiva meno spavalda e sicura, un lato più povero e malinconico da mostrare, un lato forse triste e meno fortunato, ma che proprio per questo merita attenzione. È da questo lato che ho scelto di pormi per poter osservare e poi descrivere il mondo che mi circonda. Così il sud delle cose diventa il sud di un quartiere, di una città, di un paese, del mondo intero. E la questione meridionale si allarga fino a riconoscersi nella questione del terzo mondo e dei paesi poveri».
 Io invece penso che esista un sud interiore e che si chiami solitudine

A sud delle cose- Una solitudine affollata
Una volta la solitudine non esisteva, nel senso di individuo solo e sconnesso dal suo abitare. Non esisteva questa solitudine perché ognuno aveva un ruolo ed era connesso, funzionante al suo stato. Non c'era alienazione a sud delle cose. Esisteva la lontananza, la malinconia, la nostalgia. Il dolore del ritorno, la struggente voglia di un paese amato e la estraneità al nuovo, dopo emigrazione. Lunghe lettere univano gli emigranti ai familiari e le rimesse venivano impiegate per alzare stanzette per la vecchiaia, quando questi  sarebbero ritornati a sud, per sereni giorni e infine essere seppelliti nel piccolo cimitero del paese natio.
Mai più nessuno tornerà a sud. 
Tramontato quel mondo, i nuovi emigranti vanno a nord per insegnare, per studiare, e nuovi migranti giungono a sud da ancora più a sud, soli e sconnessi da loro mondo.
Il fluire di modi ha creato nuove solitudini di individui vaganti e residenti in luoghi che non saranno di alcuno.
Senza storia.
Una solitudine astorica, lontana dai sensi di un conoscere fonti e testimonianze, lontana da studi, e relegata in centri di accoglienza, centri commerciali, centri di niente. 
Dal sociale all'individuo poi anime smarrite ed inconsapevoli vivono il disagio di stare in uno spazio che non riconoscono. Più che il tempo è lo spazio che è sconosciuto benché affollato, troppo affollato. 
Attrezzarsi quindi dobbiamo, nel messaggio civile della poesia, a lenire, a raggirare, a superare il varco col salto dei versi, con l'ironia, l'intelligenza, la conoscenza di chi poetò per noi e per lui.
Due  mie poesie sole ho scelto per dialogare insieme con lui
Lui mi parla: In una sera d’estate. Pag82
Io rispondo con una mia cosa: La dignità della solitudine

Ho popolato il mio tavolo di voi/ho fatto colazione pranzo e cena
chiacchierando con voi/ e / fuori/ poi / ho continuato a chiedermi di voi/senza però chiedervi niente/ non si sfugge/al nostro destino
però si può
sicuramente
raggirarlo.
Una solitudine come destino
io l'ho presa in giro con un libro in mano,
con lo schermo di un pc
con un foglio bianco
che mi chiede
-Come stai?-
Lui mi risponde con Fraternità. Pag 90 del suo libro
Il foglio che ci unisce. Entrambi abbiamo moltissimi amici in comune. Le nostre letture.
E in un giorno di Luglio io scrissi
6 Luglio 2010
Quando col rastrello si portano via le foglie,
la terra nuda.
Quando si pota un albero
la linfa sgorga,
quando ad un uomo vengono cancellati i germogli,
la parola è muta
Il respiro corto
La giornata lunga ma non impossibile.
Basta aspettare e si riforma dall’albero la patina,
 dalla terra la vegetazione,
dall’uomo la speranza.

E lui mi risponde con Questo  continuo separare. Pag 97.

Poesie che amerete anche voi portare con voi come Le gemme da innesto. Pag 77 dal libro A sud delle cose.
                                                                              Ippolita Luzzo

Scherzosamente ed indegnamente  finisco con  miei versi al sud

Io non sono una donna del sud
Non ho mai fatto la salsa di pomodoro
Le melanzane ripiene, la conserva di peperoni.
Non ho mai  insaccato una salsiccia, non l’ho mai bucherellata
Mi fa senso il sanguinaccio, non lo mangerei mai
Non pranzo  dalla suocera, però l’ho tanto amata
Non vado a matrimoni, battesimi  e prime comunioni
Non vado neppure ai funerali.
Come potrei salutare quelle persone
Affrante
messe lì, in fila indiana
Non conosco il parentado, non ricordo  i vari gradi
 Mi sfuggono gli intrecci, proprio quelli più succosi
Mi distraggo, e poi apro le finestre, tiro giù le tende
Su balconi spalancati.
Non spedisco barattoli a mio figlio, non stiro le camicie
E poi non mi nascondo, non dico- ho un impegno-
Non ho mai gente a casa, a volte solo amiche
Non ho mai abitato qui,
non ho mai vissuto qui, ma ora che lo vedo,
ne sono tanto fiera.
Il sud  lo porto nel sangue, nel suo colore, nel suo calore
Nella  storia, nel presente,
nel mio viso da bambina
Nel dolore delle mamme,
delle donne
Sempre attente, sempre pronte
Sempre vigili e custodi
di una cura sempre eterna
13 agosto 2011
Sono fiera del sud di Pasqualino Bongiovanni




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