venerdì 4 luglio 2014

Giorgio Faletti che amo.

Portai e lessi- Io Uccido- nel reparto, allora



Letterarietà       9 giugno 2011
Se ci fermassimo ad ascoltare, se provassimo a stare zitti, se placassimo il nostro turbinio potremmo iniziare a conoscere. Senza fretta senza domande aspettando con attenzione. Abbiamo tutti bisogno di attenzione. Ricchi, poveri. Poi tutti raccontiamo.  A me raccontano di tutto.
Tu scrivi- mi dicono- racconta la mia storia
 Così un fiume incontrollato di sensazioni, di sogni e di realtà mi immerge in un mondo che prima conoscevo solo letterariamente.  Se scrivo vuol dire che ho tanto letto, molto, di tutto, anche, come ci ha raccontato Faletti,  l’altra sera, il cartone dei detersivi. Se scrivo viene da sé, dopo aver ascoltato, dopo aver digerito il malessere o l’allegria del momento. Scrivo su pezzi di carta che poi perdo, sulle agende degli anni passati, sulle buste della posta che poi dimentico di aprire, scrivo ora da poco sul computer, pigiando i tasti ad uno ad uno, con un solo dito. Ma tutti scriviamo. Ho spesso strappato ciò che ho scritto. Poi ho dovuto difendermi  ed invece di urlare, litigare, andare per vie legali, ho preferito letterarizzare la mia vita,  leggere in pubblico quello che scrivo. Nella biblioteca comunale, al circolo di riunione, all’uniter, in televisione privata, in negozi, così, col foglio in mano la mia vita prende le sue ragioni. Le scrivo, le leggo, che voglio di più? Scrivo ora di altro, di film visti, di spettacoli, di racconti di altri.
 – Ma almeno ti pagano?- mi ha chiesto una volta qualcuno. No, non mi pagano
- ed allora perché lo fai?- Mi ascoltano- ho risposto. Ha scosso la testa  sulla stranezza di una donna che invece di preparare cibi, stirare, lavare e stare zitta, scrive. Alcuni eliminerebbero le donne che scrivono, la scrittura poi, così faticosa! Ma non è vero che scrivo e basta, faccio compere, la spesa, cucino, metto in ordine i cassetti, telefono  e ritelefono all’agronomo che è sparito lasciandomi i registri aziendali in macchina, al geometra che non si decide di mandarmi la planimetria ed ora vado a prepararmi. S’è fatto tardi e l’architetto mi aspetta per le dieci sul  cantiere per scegliere i colori del complesso  in costruzione. Ma non sono ricca. Neanche tu probabilmente lo sarai altrimenti non insisteresti su una casa in cooperativa, bella sicuramente, ma che qui qualsiasi professionista ha comprato con un mutuo quindicennale. Neanche tu mi ascolti, non puoi diventare più profondo se non ti fermi ad ascoltare. Non perderti in mille rivoli, fermati e ascolta

20 Maggio 2012
Questo scrivevo alloraconvinta che esistesse l'ascolto
Poi ho visto il mio errore sulle pagine sempre più bianche di un dialogo interrotto.
Questo ora ridico con l’illusione sempre viva di essere un essere umano fra esseri umani.

Reale ed irreale … è solo un sogno
Nessuno ascolta e scrivere diventa solo un bisogno 
Morto l'architetto, morto Faletti

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