lunedì 23 giugno 2014

Il rapporto con te-Chat Uno Nessuno Centomila

Te lo scrivo in messaggio privato, più intimo è. Ahah
Intimo e biunivoco in messaggio che tu, che noi, che voi, in plurimo facciamo, si disperde nei rivoli di un messaggio per tutti.
Chat Chiacchiera é.
Il professore di teoretica Valenti, nei lontani anni settanta, ci diede un tomo, sulla chiacchiera interumana, da studiare.
  Non era questo il libro che studiai, questo che scopiazzo da internet ha  il senso  simile. Da sempre si sa che Chiacchiera non è conversazione, che falso è il conversare se manca alterità. Rispetto che l'altro sia anche te.
la comunicazione in se stessa – il «dire pur di dire», si potrebbe affermare parafrasando Heidegger – ha assunto maggiore importanza rispetto ai contenuti e al destinatario a cui la comunicazione medesima si rivolge – deve fare i conti con gli spettri dell’isolamento che in essa si generano. Il problema che a questo punto si pone è se sia possibile parlare di «pubblico» (dimensione pubblica) a prescindere dall’«altro» (alterità). entativo buberiano di pensare il fondamento dei rapporti col mondo non nei termini di «egoità», ma nei termini di «relazione» posta dalle due parole fondamentali, trova un’affinità col tentativo di Levinas di pensare la soggettività come «passività», pensare cioè una soggettività capace di ospitare l’altro come volto che apra l’infinito, l’al di là della totalità ontologica imposta dalla metafisica occidentale. . Come dimostra il seguente passo tratto da «Essere e tempo», anche Heidegger ritiene che nella pubblicità del «Si» – ovvero nella quotidianità pubblica in cui primeggia la «chiacchiera» – l’altro sia annullato da una moltitudine indistinta che nell’anonimato smarrisce ogni possibilità di esistenza autentica. Heidegger sottolinea infatti che nell’inautenticità pubblica «l’Esserci non ha trovato, o ha perduto, il proprio Esserci e l’autenticità degli Altri». In ciò si ravvisa indubbiamente un punto di contatto tra Buber e Heidegger, poiché per entrambi la moltitudine comporta il rischio del velamento dell’altro ente strumento della falsità: «Se, anziché dire quel che ho da dire, mi accingo a dar voce a un io che vuol farsi valere, ho irreparabilmente fallito ciò che avrei avuto da dire; la mia parola entra nella conversazione in modo falso e la conversazione diventa falsa».

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